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lunedì 28 aprile 2014

Dolcetti per chi ha fretta

Muffin veloci: ricetta al microonde
di Manuela Regaglia



Ingredienti:

250 g. di farina di grano 00
150 di zucchero di canna
1 vasetto di yogurt di soia
1\2 vasetto di olio di semi di girasole o di riso (usate il vasetto dello yogurt come dosatore)
1\2 vasetto di panna di soia
50 g di cacao amaro
1 bustina di lievito per dolci
qualche cucchiaio di marmellata di mirtilli o quella che preferite 

Preparazione:

Sbattere lo zucchero di canna con  lo yogurt di soia e l'olio e la panna di soia, amalgamare il tutto molto bene e aggiungere la farina e il cacao, per ultimo aggiungete il lievito e dopo aver mescolato bene mettete un cucchiaio di impasto negli stampini teflonati o di silicone (se non li possedete dovrete oliare gli stampini), ponete nel mezzo un cucchiaino scarso da marmellata e ricoprire con un altro cucchiaio di impasto.


Cuocere nel microonde per circa 5 minuti a 650 watt  

Consiglio: non fateli troppo pieni altrimenti rischiate che la pasta lievitata sbordi. Se vi piacciono molto più golosi... potete mettere qualche scaglia di cioccolato amaro appena sotto la superficie... non sopra perché rischierebbe di bruciare ;-) e naturalmente, per gli amanti del dolce dolce, una spolveratina di zucchero a velo dopo che si saranno freddati.


Questa settimana un contorno veloce da preparare ma molto saporito

Zucchine ripiene





Ingredienti per due persone:
2 zucchine
1 carota
un piccolo pezzetto di porro
un cucchiaio di mandorle
3 pomodori secchi
aglio
olio

Preparazione:
tagliate a metà per il lungo le zucchine e cuocete a vapore per alcuni minuti. Nel frattempo frullate mandorle, pomodori secchi, carota e porro ( questi ultimi crudi). Prendete poi le zucchine che si saranno ammorbidite, svuotatele aiutandovi con un cucchiaio e unite la polpa al trito fatto in precedenza aggiungendo aglio, olio e se servisse qualche cucchiaio dell'acqua di cottura. . Frullate il tutto fino a ottenere un composto omogeneo e con questo riempite le zucchine leggermente oliate. Passate il tutto in forno a poco meno di 200 gradi per circa 20 minuti.

venerdì 25 aprile 2014

Citazioni...

SAGGEZZA DEGLI INDIANI NATIVI D’AMERICA  Haudenosaunee – Iroches
"Quando la terra fu creata con tutti gli esseri viventi, l’intenzione del Creatore non era di renderla visibile solamente agli uomini.   Siamo stati messi al mondo assieme ai nostri fratelli e sorelle, quelli che hanno quattro zampe, quelli che volano e quelli che nuotano.
Tutte queste forme di vita, anche il più sottile filo d’erba e il più possente degli alberi, formano con noi una grande famiglia.   

Tutti siamo fratelli e allo stesso modo importanti su questa terra”.



“Ho visto guarire più persone alla compagnia di un gatto, di quanto non abbiano fatto tonnellate di farmaci”.      (Enzo Iannacci)


  
“Se un gatto fa qualche cosa si dice che è per istinto, se noi facciamo la stessa cosa, la definiamo intelligenza”.       (Will Cuppy)


“Il cavallo non difetta di intelligenza; troppo spesso l’intelligenza è in lui paralizzata dalla ipersensibilità”.          (Alessandro Alvisi)



“Il cavallo si ricorda sempre del bene che riceve, e ne è grato; l’uomo talvolta”.        (Alessandro Alvisi)


             “Chi non ha mai posseduto un cane, non può sapere che cosa significhi essere amato”.    Arthur Schopenhauer)








Giovanni

Racconto tratto dal libro "Tienimi la zampa" di Manuela Regaglia



Il merlo Giovanni ci ha regalato  infinite sorprese, giorno dopo giorno si faceva sempre più domestico ed impudente.   
Ricordo di averlo notato uno dei primi giorni di bel tempo, alla fine di Marzo, quando si iniziano i lavori di vangatura dell’orto. Era interessato alle zolle di terra che venivano girate e dalle quali uscivano lombrichi dalle sembianze di serpenti boa, talmente erano grossi.    
Giovanni ci seguiva a distanza ravvicinata, all’inizio di una decina di metri poi, con il passare dei giorni, ci marcava sempre più stretti arrivando a pochi passi dietro di noi. Quando ci sentiva parlare, durante i nostri giretti in giardino e nell’orto, arrivava puntuale fischiettando e mostrandosi a noi come per dire: «Ci sono anch’io»  Aveva una compagna bella in carne e la coppietta s’era messa all’opera per costruire il loro nido, proprio  tra i rami irti di un ginepro, per poi passare alla covata successiva fatta in un nido posto sopra la serranda del garage, tra i rami di una rigogliosa Bignonia capreolata, un rampicante dai fiori a trombetta di un bel colore rosso-aranciato. 
Il nostro giardino non era ancora frequentato da gatti e la vita di Giovanni e merla trascorreva tra un pasto scroccato a noi (carne trita e pastoncino per insettivori) e nuovi nidi, costruiti in posizioni sempre più rialzate rispetto al suolo.   
Dopo la Bignonia era la volta del Kiwi, coltivato a berceau, per poi passare alle altre piante di kiwi tenute a spalliera. 
Nidi di qui, nidi di là, con l’aiuto della bella stagione e della ricca varietà di alimenti di cui cibarsi,  era arrivato persino a portare a termine sette covate in un anno.   
La tecnica per poter provvedere alle numerose nidiate era estremamente semplice; a lui e alla merla competeva il ruolo di metterli al mondo, a me quello di sfamarli ed aiutarli in caso di bisogno.
Il ritmo era pressoché questo: corteggiamento, costruzione del nido, accoppiamento, deposizione delle uova (ovviamente da parte della merla), cova delle stesse, bussatine alla finestra per ottenere cibo per sé  e per la merla, schiusa delle uova, primo giro di alimentazione naturale e “scroccata” mediante richieste esplicite per mezzo di ticchettio sui vetri delle finestre, ovunque noi fossimo.  
Dopo questo faticoso periodo, nel momento in cui i giovani merli si prodigavano nei loro primi voli spericolati, il gioco era fatto.
Mi presentava la nidiata  come se io fossi una “tata per merli” e svolazzava tranquillo alla ricerca di materiale per un nuovo nido. 
Anno dopo anno, ne trascorsero ben dieci, si rinnovava la scena, a volte dovevo prestare attenzione al più piccolo della nidiata, ancora imbranatello nel volo e quindi facile preda, altre volte era l’acqua il problema più grande ed allora supplivo al ruscello con abbeveratoi più o meno grandi dove, oltre a dissetarsi si potessero fare il bagno per poi distendere le ali e aspettare che il sole le asciugasse. 
Ricordo la prima volta che vidi Giovanni lì, immobile come spiaccicato sul masso posto in centro al giardino, le ali completamente aperte, il collo tirato e la testa quasi a ciondoloni sull’orlo del sasso; pensando fosse morto, mi prese un colpo ma poi  lo vidi muoversi leggermente e rialzare la testa agitando le ali come preso da un tremito, capii che stava asciugando le piume e il mio cuore riprese a battere normalmente.
Quante cose si imparano ad osservare attentamente gli animali, un altro atteggiamento curioso è la tecnica per confondere i predatori, specialmente se ci sono dei piccoli.   
Una mattina di fine giugno, stando alla finestra, stavo tenendo d’occhio due pulcini di merlo, che erano in attesa dei soliti bocconcini procurati da parte della loro mamma; c’era in volo una gazza, predatrice naturale di nidiacei e uova, Giovanni incominciava ad allarmarsi e lanciare il suo verso aspro “tach-tach-tach”, la merla cercava di attirare l’attenzione della gazza portandosi allo scoperto, distendendo un’ala e quasi zoppicando.  Era una finta, sembrava ferita e così la gazza  rivolgeva l’attenzione su di lei, nel contempo Giovanni radunava al sicuro i piccoli: che attrice quella merla!   Io ero pronta ad intervenire ma non ce n’era assolutamente bisogno con quei due genitori così organizzati.  
Giovanni era un uccello estremamente curioso, quando arrivava al cancello il postino, si andava ad appollaiare sopra alla recinzione del giardino a poco più di due metri dal visitatore e lo fissava con aria sospetta sollevando la coda e abbassandola tenendola aperta.  
Quando andavamo nell’orto, posto al disotto della strada, ci accompagnava camminando sulla recinzione per poi spiccare il volo aspettandoci sul fico nato sul confine con il terreno coltivato.    
Forse aveva capito che si andava a smuovere la terra e che sarebbero usciti vermetti ed insetti pronti per essere beccati al volo.
Riusciva a distinguere il rumore del motore della mia Alfa Romeo, incuriosito mi aspettava al cancello e se aprivo il portellone posteriore per scaricare la spesa, si piazzava a cinquanta centimetri da me.  Io gli lanciavo una ciliegia o una fragola o una pallina di carne trita, lui le afferrava prontamente e se le mangiava in un batter d’occhio… o meglio: batter di becco! 
Era una giornata veramente calda, stavo rientrando con l’auto carica di frutta e verdura e il sole cocente aveva fatto sì che le fragole mature, acquistate in quantità industriale per preparare la marmellata, espandessero la loro fragranza impregnando tutto l’abitacolo.  
Io ne ero quasi frastornata, tanto era intenso il loro profumo.   
Stavo scaricando i miei acquisti, andando avanti e indietro dall’auto alla dispensa, quando sorpresi Giovanni alle prese con la cassetta ricolma di questi gustosi frutti, era ancora nel portabagagli e lui vi si era ficcato dentro per rubarne una, eh sì, non una qualunque, il furbacchione aveva adocchiato la più grossa, che era anche la più matura.
Come potevo rimproverarlo, anch’io non vedevo l’ora di mangiucchiarne qualcuna, quel profumo faceva venire l’acquolina in bocca…
Il giardino era rallegrato dal canto del merlo e di molti altri uccellini, c’erano le schermaglie amorose, le lotte per il territorio e gli anni trascorrevano sempre più veloci, quasi al ritmo delle covate di Giovanni; per non parlare delle liete sorprese, che quel bellimbusto mi regalava.

Il mio giardino si stava popolando di gatti, non so e non voglio sapere se il mio merlo se ne sia andato a dimorare in un altro giardino o se la caccia, intesa come arte venatoria, o quella dei mini felini abbia fatto scattare “l’ora x”, sta di fatto che altri merli lottavano per il possesso di questo angolo di paradiso e che Giovanni non fu più visto. 


lunedì 21 aprile 2014

per questa settimana prepariamo due piatti con una ricetta, per quelle gionate in cui il tempo per cucinare è poco :-)



Pasta e contorno con finocchio

Ingredienti per due persone:
1 finocchio non troppo piccolo
1 carota
sale
olio
salvia
peperoncino
curcuma
2 cucchiai abbondanti di farina d'avena 
acqua qb
lievito alimentare in scaglie
pinoli
200 g pasta corta del formato che preferite

Preparazione:
Tagliate a fette sottili il finocchio e gratuggiate la carota, mettete in un tegame largo con un dito d'acqua, poco olio e salate.  Lasciate andare coperto sino a quando si ammorbidisce il finocchio. 
In una ciotola mescolate i due cucchiai di farina d'avena con tanta acqua quanto basta ad ottenere una pastella abbastanza liquida, aggiungete un filo d'olio, salate e aggiungete al finocchio quando è quasi cotto, mescolando finché il tutto addensa leggermente. A questo punto spegnete (non  fate asciugare troppo perché una volta spento il composto tenderà ad asciugare ancora). 
Nel frattempo avrete già posto a bollire un pentola con dell'acqua e messo a cuocere la pasta. Una volta cotta, scolatela avendo cura di tenere da parte un po' d'acqua di cottura.  
Condite la pasta con un paio di cucchiai del condimento di finocchio e besciamella, qualche pinolo, salvia, peperoncino e curcuma. 
Allungate con un filo d'olio e qualche cucchiaino dell'acqua di cottura tenuta da parte, finite con un  cucchiaio di lievito alimentare in scaglie. Per il contorno,  aggiungete se serve qualche cucchiaio  d'acqua al finocchi rimasto (nel caso la besciamella si fosse asciugata troppo).

5 per 1000 ricordatevi di UN ATTO D'AMORE ONLUS !


IL TUO 5X1000 ALLA NOSTRA ONLUS !


La Legge n°266 del 23 dicembre 2005, ha introdotto la possibilità per il contribuente di vincolare il 5 per mille della propria imposta sul reddito delle persone fisiche (IRPEF) a sostegno di Associazioni del volontariato e Associazioni di promozione sociale.

Tale facoltà può essere esercitata dal contribuente indicando nella dichiarazione dei redditi (utilizzando il modello integrativo CUD, il modello 730/1-bis e il modello unico persone fisiche) il codice fiscale dell'ente che intende finanziare.

Dal punto di vista del cittadino, il 5 per 1000 rappresenta una forma di finanziamento delle organizzazioni non profit che, a differenza delle donazioni, non comporta maggiori oneri, in quanto all'organizzazione prescelta (con l'indicazione del codice fiscale nella dichiarazione dei redditi) viene destinata direttamente una quota IRPEF.

Sostenere un'organizzazione con il 5 per 1000 è molto semplice: basta firmare nell'apposito riquadro nella pagina 3 del CUD, nella pagina 3 del modello 730-1 o pagina 2 del Modello Unico Persone Fisiche e riportare nell'apposito spazio il codice fiscale dell'associazione scelta.

Il 5 per 1000 a UN ATTO D'AMORE ONLUS - CODICE FISCALE: 97614050157

 – significa aiutare la nostra Onlus a portare avanti, giorno dopo giorno, le sue innumerevoli attività e i suoi molteplici servizi a favore dei  dimenticati e dei più bisognosi e dei volontari che sul territorio svolgono il loro preziosissimo compito e permettergli di far fronte alle nuove e impellenti emergenze del nostro tempo.

GRAZIE PER IL TUO CONTRIBUTO !!!


sabato 19 aprile 2014

Sogni di MariaGrazia Destratis Meg


Il nostro attestato...

E' arrivato!...  

Ecco l'ambito riconoscimento che è stato concesso a Un Atto D'Amore Onlus (UADA), bellissimo! 

Grazie di cuore per aver pensato a noi e speriamo ci porti fortuna e sia di buon auspicio per fare sempre meglio.


venerdì 18 aprile 2014

RIFLESSIONI... PENSIERI... CONCLUSIONI... 18 APRILE 2014





Premessa, non amo le feste comandate, per due motivi semplici semplici: sotto Natale mi lasciava mia mamma e a Pasqua mi lasciava mio padre, già questo non mi predispone mai bene in questi giorni... ma andiamo oltre...

Bene, allora come qualcuno sa... io sono una figlia di macellai, lo ribadisco nel caso pensiate che possa mai vergognarmi delle mie origini, e qui non rispiegherò perché invece ne sono fiera... troppo lunga la cosa e di poco interesse chi mi è amico lo sa già... e andiamo ancora avanti...

Io sono nata a Milano nel 1957 e credo, da che ne ho memoria, di aver avuto insieme a me  animali, cani, gatti, uccellini, pesci rossi e persino rane...

Crescendo, e con qualche soldino in tasca, ho sempre avuto tessere di ogni associazione animalista, che avesse un piccolo tavolo in piazza S.Babila e non solo, ogni tipo di gadget avessero io lo avevo... appena iniziò l'usanza dell'adozione a distanza mi ci sono buttata a capofitto (ancora oggi ne ho ,nessuno di voi lo sa dove e chi sono i miei animali lontani..SEGRETO  del capo diciamo) e non contenta coinvolgevo famiglia, amici e chiunque capitasse sulla mia strada... poi, un giorno , e la faccio breve, ma molto breve dato l'età che ho... (ne avrei da raccontare), mi sono imbattuta in FB ... e qui via con gli aiuti... piccoli certo... ma appena potevo... io c'ero... e intanto pensavo vedendo appelli di sezioni di Enti famosi... ma come mai... ma perché... eppure sono grandi hanno tanti soldi mi riempiono la casella di pubblicità, di volantini e sono cose che costano quindi come mai.... cosa c'è che non mi quadra?...

Bene, mi sono detta, sai che fai Anna cara... cambia registro, basta i grandi... pensiamo ai piccoli... ed ecco: inizia l'idea UADA... fra mille e più casini ci siamo... siamo Onlus e siamo abbastanza credibili, aiutiamo abbastanza...

Poi, in giorni così, dove vedo che per noi c'è più interesse da chi manco ci conosce che da chi invece ha la nostra tessera... mi dico: "ma conviene andare avanti?... conviene stare male al punto di avere le vertigini per le troppe ore passate al pc?"

Perché io una vita mia l'avrei anche... se non avessi tutti questi pensieri per far crescere UADA... perché il mio scopo oltre aiutare ora,  è quello fra molti, ma molti anni, quando anche io dovrò dire addio a questo mondo, che amo, ma che causa forza maggiore prima o poi tocca salutare... di lasciare una "COSA" pronta per essere seguita dalle ragazze che ora sono delegate UADA, ragazze come ILENIA RIMI, come ANTONELLA D'ORONZO... insomma... a quelle che in UADA ci credono già ora...

Perciò, ora, mio malgrado, stacco il PC e torno a riflettere: continuare o darmi per sconfitta?...

Vi faccio gli AUGURI.

Infondo, non tutti sono orsi come me... e firmo queste mie prime riflessioni del venerdì santo

Annamaria Nizzola
immeritatamente
Presidente UADA Onlus

https://www.youtube.com/watch?v=phY2d7pnF68

lunedì 14 aprile 2014

Tao e la sua voglia di vivere


Non so dirti se ti amerò come tu vorresti essere amato, non so dirti se sarò l’amico che tu hai pensato io potessi essere… 

Ti dico grazie, ho bisogno di te ,ti dico grazie senza di te sarei morto, ma non posso assicurarti che io possa essere ciò che tu desideri… 

Vedi… c’è stato un tempo in cui io ero un cucciolo felice… c’era il sole ,correvo, giocavo e crescevo e pensavo che la vita fosse mia…il cielo, le stelle, il mondo mi apparteneva, le mie zampe sempre pulite il mio pelo corto bianco e lucente; poi di colpo non so dirti cosa sia successo…forse nulla… forse sono solo cresciuto troppo, però ricordo che ho preso botte… tante botte, ho preso morsi… da tutti, e più mi ferivano, e più mi picchiavano, e più cercavo un riparo, scappavo e mi chiedevo “PERCHE'?”

Ero incapace di reagire.

Un giorno ho visto te… hai aperto la macchina ed io sono salito… volevo dirti…. portami via, portami lontano, mi carezzavi e dicevi cose strane che io non capivo e non volevo sentire. Io ero salito sulla tua macchina e tu mi dicevi di scendere…, non mi hai capito, ed io sono sceso. 

In seguito ti ho rivista… ho capito che tu venivi lì e mi controllavi e ti prendevi un po' cura di me… così ho deciso d’aspettarti ogni giorno... Però lì tutti mi scacciavano, mi bastonavano, mi davano calci, mi mordevano, ma io restavo lì… perchè tu saresti tornata.

I giorni passavano freddi e non riuscivo sempre a farmi trovare, così decisi di non mangiare più… no non era una ciotola di cibo che mi poteva bastare... piuttosto morivo. 

Mi hai visto triste ogni giorno di più… Sino a quando mi hai detto:"sali…" ed io incredulo e allo stremo delle forze, titubante, sono salito  in macchina… poi hai chiuso lo sportello.

Ricordo che pioveva, ma in macchina c’era caldo, le mie zampe sanguinanti come le mie lacrime, bagnavano la tappezzeria... ma tu non te ne sei preoccupata... non mi hai detto: scendi! 

Adesso sono a casa con te…, hai dovuto farmi spazio… 

Io non so dirti se questo spazio mi basterà, se chi c’era prima di me potrò sopportarlo o se mi sopporterà. 

Certo adesso io ho bisogno di te… e non mi curo di nessuno, faccio cose per le quali neanche mi riconosco… ma verrà un giorno in cui io sarò nuovamente io e non lo so se tu potrai accettarlo… però ti dico grazie a modo mio… e se mi guardi mi sdraio e ti offro la gola... di più non so dirti per farti capire che se mi rispetterai... io ti rispetterò e la mia vita l’ho già messa nelle tue mani. 

Sono solo un bastardo… non valgo nulla e forse… se mi ci metto posso anche diventare cattivo... ma se mi dai una possibilità… se mi dai una famiglia, se mi farai capire con garbo in cosa sbaglio…se mi spieghi meglio quando non capisco… magari imparo, devi solo promettermi d’aver pazienza… la stessa che ho io con te. 

Valeria Giacopelli

domenica 13 aprile 2014

Pilù

Racconto tratto dal libro "Tienimi la zampa" di Manuela Regaglia


Piccolo, piccolo, con le zampette esili, i grandi occhi scuri e le orecchie ritte, avvolto in una copertina di lana, in un freddo giorno di Dicembre, fece il suo ingresso Pilù: un Pinscher nano dal pelo fulvo, un fascio di muscoli, che saltava dal divano alla poltrona e di tanto in tanto lasciava, durante la corsa, una delle zampette posteriori sollevata.  Mia madre, maniaca della pulizia, aveva dato il via all’operazione “pipì pulita” un training per addestrare il cane a sporcare in un luogo ben preciso.  Come vi ho già detto, in quel periodo abitavamo a Milano, in un complesso di tre palazzi di otto piani ciascuno, poco verde, molto cemento e abbondante traffico, anche se erano gli anni sessanta.  Il nostro appartamento, al settimo piano, aveva un bel terrazzo e lì fu identificato il luogo per i bisognini di Pilù. Starete pensando che sarebbe stato meglio portarlo a fare una passeggiata, sono d’accordo con voi, il fatto è che la signora del terzo piano non chiudeva mai in modo corretto la porta dell’ascensore, che restava bloccato.  Scendere le scale era divertente, con il balzo finale, saltando l’ultimo gradino, dritti sul pianerottolo; salirle lo era un po’ meno, specialmente con il cane in braccio, perché si rifiutava di zampettare su per i gradini.   Per le emergenze temporali, ascensore bloccato, ore notturne, malesseri di famiglia, si era istituito l’angolo di Pilù sul terrazzo: o così o niente cane. La cassettina predisposta aveva i requisiti di un bagno degno di una suite di un albergo a cinque stelle.  Il mio compito era assistere alla pulizia di detta cassetta per apprenderne la metodologia… (guarda e impara). Il lato comico, per noi sicura-mente, non so per lui, era che andava a fare i bisognini a comando e restava con la zampetta alzata e la testolina girata per vedere quando mia madre gli avrebbe detto: «Va bene, va bene, bravo! Puoi venire», una scrollatina e via a prendersi il meritato biscottino.  Non ho mai chiesto a mia madre se anche con me avesse adottato quel sistema per passare dai pannoloni al mitico vasino con la testa di paperella, ma temo proprio di sì. Pilù si prendeva la sua rivincita quando, all’ora della pappa, ci avvicinavamo alla sua ciotola. Partiva un sonoro “grrr”, senza alzare la testolina dalla ciotola e mangiando avidamente come un lupo affamato.  Stando seduti, a  quasi tre metri di distanza, bastava chiedergli: «Mi dai un po’ della tua pappa?» e la musica riprendeva: «grrr, grrr, grrr». Il nostro cagnolino non visse a lungo, una polmonite se lo portò via a soli cinque anni.    Mio padre lo mise in una scatola e quella mattina uscì di casa, con un peso immenso nel cuore, anche se il peso di Pilù  era di soli due chili e mezzo.  Lasciò un vuoto incolmabile, quel piccolo esserino. Prima di rimuovere il suo cestino con l’adorata copertina, trascorsero due giorni.

Questa settimana un piatto veloce ma molto sostanzioso!

TORTINO DI COUS COUS IN VERDE

Ingredienti:
40 grammi di cous cous
cime di broccolo (va bene, comunque,  qualsiasi verdura a foglia verde non mettete limiti alla vostra fantasia) circa 200 grammi anche se ammetto che io non l'ho pesata
1 cipollotto
1 carota
curcuma
aglio
salvia
due cucchiai circa di farina di ceci
1 cucchiaio circa di farina di semola (la mia era di farro) ma vedete poi l'umidità dell'impasto al momento
lievito alimentare in scaglie

Procedimento:
Mettete in una pentola il cous cous aggiungete un po' d'olio, mescolate, coprite di acqua bollente leggermente salata  e lasciate  riposare coperto una decina di minuti finché assorbe tutto il liquido e si gonfia. In una ciotola mettete i due cucchiai di farina di ceci e sciogliete con tanta acqua quanto basta a ottenere una pastella abbastanza fluida, unite un pizzico di sale e un goccio d'olio e lasciate riposare mentre vi dedicate alle verdure. Lavare e tagliate a pezzi le cime di broccolo ( o la verdura verde che avete utilizzato), il cipollotto e grattugiate la carota. Fate stufare, salando leggermente, finché ammorbidisce quel tanto che basta per frullarlo. Unite, a questo punto, il cous cous, la pastella di ceci , la farina di semola, le spezie e il lievito alimentare. Oliate una teglia, versate il composto e ponete in forno già caldo a 180° per 20 minuti. Consiglio di lasciar raffreddare il tortino fuori dal forno alcuni minuti in modo che si compatti un po'.




giovedì 10 aprile 2014

Curiosità che fanno male al cuore…


SOUVENIR       

Forse non ci crederete, perché la realtà supera la fantasia. 

C’è chi si è trovato a passeggiare in un centro commerciale portuale di località asiatiche ed ha trovato in vendita un articolo davvero raccapricciante, almeno per noi animalisti! 
  
Bottiglie colme di un liquido di conservazione ed immerso in questa pseudo porzione di mare… piccoli di Spinarolo (squalus acanthias), un parente stretto dello squalo, rispetto a cui è più longevo. 

Lo spinarolo vive nelle acque dell’Oceano Indiano, nella zona del Pacifico del Nord e anche nel Nord Atlantico ad una profondità di circa 200 metri ma può scendere sino a 1500 metri .     Grandi viaggiatori ma lenti nuotatori.   Le dimensioni variano da 1 a 1,60 metri di lunghezza ed il peso raggiunge i 9 kg. per gli esemplari adulti.
Caratteristica che dà il nome alla sua specie sono le due pinne dorsali usate come armi di difesa poiché sono spinose.   Ha una colorazione grigiastra con una puntinatura biancastra sulle fasce laterali. 
La dieta è composta da piccoli crostacei, molluschi e pesciolini.
Si muove in branchi dello stesso sesso e le femmine, ovovivipare, partoriscono i piccoli dopo una gestazione di circa 2 anni.

E’ in via d’estinzione… purtroppo!

Questi souvenir vengono offerti ai turisti desiderosi di portarsi a casa, per il modico prezzo di circa 15 $, un ricordo…

Dico io: “Un ricordo di cosa”?
Forse della brutalità dell’essere umano o per rammentare agli amici che visiteranno la loro casa che ci sono in giro menti perverse?...
Non posso immaginare quale tipo di ornamento possa costituire questo povero pesce conservato a mo’ di reperto di laboratorio scientifico… e poi per quanti giorni? 

Perchè se non lo avete capito... lo Spinarolo è vivo e se non si tratta di Spinarolo si tratta di altri pesciolini esotici o tartarughine d'acqua. 

Il ricordo del mare non è questo!

Dovrebbe essere il suono delle onde che producono la risacca o che si infrangono sugli scogli…, il profumo ed il sapore della salsedine…, i colori del cielo che si riflettono nel mare…, il sole che al tramonto s’immerge nelle acque come un grande biscotto tondo incandescente…

No, un pesce o una tartarughina in bottiglia non può ricordare nulla di bello ed entusiasmante… è solo la rappresentazione dell’idiozia umana che risponde ai dettami di un’assurda legge di mercato.

Manuela Regaglia


mercoledì 9 aprile 2014

Malattia - Animal Hoarding: Posso prenderne un altro?

Riportiamo un articolo di Matthias Bastigkeit sulla disposofobia e l’"Animal Hoarding", che crediamo possa interessare a tutti gli animalisti, soprattutto ai volontari e a chi è preposto a fare pre affidi.

La disposofobia è una patologia abbastanza conosciuta, l’"Animal Hoarding" invece è meno noto. I soggetti colpiti raccolgono un numero assai elevato di animali in spazi ristretti spesso senza riuscire più a garantire neanche le più elementari norme igieniche.
Almeno un veterinario su due, in Germania, ha avuto a che fare almeno una volta con un caso di Animal Hoarding. Ogni caso implica in media tre anni di lavoro. La metà degli oltre 500 centri di raccolta per animali legati ad associazioni per la tutela degli animali ha dovuto ospitare animali provenienti da casi di Animal Hoarding.

Disposofobia animale o giovane Diogene?

Nelle pubblicazioni scientifiche si utilizza prevalentemente la definizione di “accumulo compulsivo”. È quella che meglio riesce a descrivere il disturbo. Alcuni soggetti collezionano forfora, cerume, unghie tagliate e altro ancora. Lo impacchettano attentamente in una bustina e lo catalogano come se si trattasse di francobolli. Nella letteratura medica tedesca il termine accumulo compulsivo è poco utilizzato: al suo posto si parla di “Messie-Syndrom” (dall’inglese mess: confusione, disordine), disposofobia. Definizione sconosciuta nelle regioni di lingua inglese.
La sindrome da accumulo di spazzatura è molto simile alla sindrome di Diogene, che si caratterizza per la perdita d’interesse “senza vergogna alcuna” per la cura e l’igiene personale e l’età avanzata del soggetto colpito (detta anche sindrome dello squallore senile). Quest’ultima sindrome, nota anche come Sillogomania, prende nome dal filosofo Diogene di Sinope (391 – 323 A. C.). Questo era famoso per vivere senza aver bisogno di niente e per la sua avversità verso il progresso. Si dice che vivesse come un asceta in una botte.

Il soggetto tipo: donna sui cinquant’anni

Il o meglio la tipica Hoarder (accumulatore/rice) è donna, 50 anni in media, e colleziona soprattutto gatti e cani. Ma anche conigli e uccelli da voliera sono merce assai ambita. Questo Identikit è stato ideato, tra gli altri, dal gruppo di lavoro interdisciplinare Hoarding of Animals Research Consortium (HARC), nel 1999 è stato pubblicato negli Stati Uniti il primo studio sistematico su questo tema. Gli animali domestici collezionati procapite sono in media 39: nel 69% dei casi il pavimento dell’abitazione dell’hoarder è ricoperto dagli escrementi degli animali, nel 4% lo è persino il suo letto. Non è ancora chiaro se quest’identikit sia applicabile anche all’hoarder tedesco. Solo di rado sono stati condotti in Germania degli studi simili.

Paladino dei cani o predatore di animali?

I motivi che spingono a raccogliere così tanti animali sono molteplici. Alcuni si ritengono amici degli animali, altri dei nobili salvatori. E poi ci sono gli allevatori caotici e gli sfruttatori egoisti.

Amico degli animali esagerato:

Tenta di prendersi cura degli animali
Non è in grado di risolvere il problema, la cosa gli è sfuggita di mano

Gli animali si moltiplicano (principalmente in modo passivo: non è un collezionista troppo accanito)
introverso, socialmente isolato
Minimizza il problema (ma, per lo più, senza negarlo interamente)
Per lui gli animali significano molto (considera gli animali come esseri umani)

Salvatore/Liberatore:
  
Ritiene che accogliere gli animali sia una missione
Ha paura della morte e aborre l’eutanasia per gli animali
Crede di essere l’unico in grado di occuparsi bene degli animali
Forte, estrema tendenza al collezionismo: ad un certo punto il numero degli animali collezionati supera quello di cui possa essere in grado di occuparsi
Non riesce rifiutare un animale
Rifiuta le autorità; non ubbidisce agli ordini
Non è necessariamente socialmente isolato

Allevatore:
       
Si procura gli animali con il proposito di allevarli, farne delle esposizioni e venderli
Col passare del tempo non sa più quanti siano gli animali che ha accumulato esclusivamente per esposizioni e vendita
Gli animali si moltiplicano ulteriormente, pochi o quasi nessun animale viene venduto; la quantità di animali aumenta

Sfruttatore:
     
Si procura animali per uso personale
Persona egoista, spesso narcisista e priva di sensi di colpa o compassione (mancanza di empatia)
si mostra sicuro di sé
è in grado di impressionare le forze dell’ordine e le altre persone e di ingannarli per lunghi periodi (è un buon attore)
Da: Deininger, E, Akademie für Tierschutz, Neubiberg, kleintier konkret 2010; 13(2): 26-31

Hoarder in fuga

Per evitare sanzioni penali i soggetti spesso traslocano in un altro quartiere soggetto ad un differente ufficio veterinario. Il soggetto non si rende affatto conto di avere un comportamento anomalo. Questa situazione è tipica di molte altre dipendenze e manie. “Quasi in due terzi dei casi gli animali erano malati, in un caso su tre non avevano a disposizione cibo e/o acqua a sufficienza”, dice il Dr. med. vet. Tina Susanne Sperling, che ha redatto una tesi di dottorato presso la Tierärztlichen Hochschule (facoltà di veterinaria) di Hannover sul tema Animal hoarding. L’accumulo compulsivo crea profondi disagi e difficoltà sociali ai soggetti interessati ed ai loro familiari. Il sintomo più evidente della disposofobia è il gigantesco disordine derivante dall’accumulo di oggetti.

Secondo Frost e Hartl sono segnali tipici di disposofobia:

Il procurarsi compulsivo di cose inutili e prive (o quasi) di valore e la contemporanea incapacità di disfarsene/dare via questi oggetti.
Riempire l’abitazione a tal punto da non poter più utilizzare adeguatamente le stanze
Questa sintomatica provoca gravi disagi e limitazione della vita sociale

Le cause

Dipendenze patologiche, disturbi compulsivi e tutta la gamma delle neurosi possono essere alla base dell’Animal hoarding. Persino disturbi della personalità come per esempio la sindrome di personalità borderline e alcune psicosi, schizofrenia e malattie maniaco depressive. Relativamente spesso i collezionisti di animali soffrono di malattie senili come demenza e Alzheimer o anche di ADHD.
Nella maggior parte dei casi la sintomatica è stata descritta e studiata nei soggetti con disturbi compulsivi. La quota dei pazienti con disturbi compulsivi e allo stesso tempo disposofobici oscilla, a seconda dello studio, tra il 18 ed il 40 %. Saxena e Team hanno pubblicato i risultati di uno studio PET. Nella corteccia cingolata posteriore degli hoarders il metabolismo del glucosio è minore. In confronto ai malati di disturbi compulsivi, non dispofobici (n = 33), gli hoarders presentavano anche un ridotto metabolismo del glucosio ridotto anche nella corteccia prefrontale dorsolaterale.

La terapia: astinenza (da animali)

Tramite colloqui, sanzioni, limitazione del numero degli animali o la sottrazione forzata i veterinari cercano di convincere gli horders a venire a capo del problema. Negli USA Steketee e Frost, basandosi sul modello cognitivo-comportamentale per l’accumulo compulsivo di Frost e Hartl, hanno elaborato un programma terapeutico completo di 26 sedute. Il trattamento ha una durata di circa sei mesi e prevede, parallelamente alle sedute ambulatoriali od ospedaliere, anche sedute da effettuare nel domicilio del paziente. La terapia farmacologica con gli antidepressivi del gruppo SSRI si è rivelata spesso inefficace. Da uno studio controllato con placebo Citalopram effettuato su 401 accumulatori per una durata di 12 settimane risulta che la terapia è poco efficace. In uno studio aperto basato su trattamento con Paroxetin effettuato su 97 pazienti la terapia si è rivelata efficace su un terzo dei partecipanti.

L’accademia per la protezione degli animali ha riconosciuto il problema e avanza le seguenti richieste:
Bisogna distribuire agli esperti (veterinari, uffici veterinari circondariali, avvocati, psicologi, assistenti sociali) informazioni esaustive sul problema dell’Animal Hoarding.
Gli uffici veterinari devono avere un’ordinanza di accesso in caso di sospetto Animal Hoarding.
Serve un registro centrale, accessibile a tutti i veterinari, che annoveri informazioni sui possessori di animali domestici che sono stati sanzionati per violazione della legge per tutela degli animali.
È necessario potenziare la ricerca psicologica e medica, soprattutto in termini di trattamento e profilassi.
Per aiutare persone ed animali si devono creare le condizioni che permettano di far curare le persone malate in modo professionale da terapisti aventi una preparazione specifica.
Nella sua tesi di dottorato la Dr. Sperling ha stabilito che in Germania 501Hoarders sono riusciti da soli ad accumulare complessivamente 52.569 animali. Citazione dal Westdeutschen Zeitung: “Chi possiede più di 100 animali domestici, molto probabilmente, ha un problema”.

Articolo di Matthias Bastigkeit
Discipline: Medicina, Psichiatria

La Melissa

La Melissa officinalis è una perenne rizomatosa con fusti eretti e alti sino a 50 - 70 cm., ornati da foglie ovate di colore verde brillante, un po' pelose e bollose. E' originaria dell'Asia sudoccidentale, viene chiamata anche cedronella per il suo profumo di limone che si sprigiona dalle foglie quando vengono strofinate. Ha proprietà sedative e si usa per combattere lo stress. Le foglie possono essere raccolte prima della fioritura e essiccate, conservandole in sacchetti di carta. Con queste foglioline potete preparare una rilassante tisana, ma si possono usare anche le foglie fresche. 

Infuso di melissa: 20 g. di foglie fresche in un litro di acqua bollente da lasciarsi per 15 minuti. Rilassa la muscolatura dopo sforzi fisici, concilia il sonno, aiuta a risolvere problemi digestivi e il mal di testa. 

Ottima anche la torta di riso alla melissa e il liquore che nulla ha da invidiare al famoso limoncello.



Liquore di melissa - Ingredienti: 3 manciate di foglie di melissa, 1 litro di alcool 90° per alimenti, 400 grammi di zucchero e mezzo litro di acqua. Preparazione: Si raccolgono le sommità fiorite e le foglie e le si mettono in un vaso capiente con chiusura ermetica, si aggiunge l'alcool 90° o 95° per uso alimentare (non fate bollire l'alcool, altrimenti evapora) e si chiude il vaso ermeticamente. Lasciare a macero le foglie e i fiori per 10 gg dopodiché prendo lo zucchero e lo sciolgo nell'acqua (preferibilmente minerale naturale) e porto a bollore, quando lo sciroppo è freddo lo aggiungo al macerato e attendo una ventina di giorni, avendo cura di riporlo in un luogo buio, poi filtro il tutto e imbottiglio. Il risultato è un liquore leggermente torbido, anche dopo averlo filtrato. Se lo si desidera di un bel colore vivo e trasparente allora è meglio aggiungere lo zucchero e l'acqua direttamente nel macerato, senza far bollire l'acqua con disciolto lo zucchero. Perciò, di tanto in tanto, bisogna agitare il tutto per far sciogliere lo zucchero e lasciare sempre in infusione per almeno 30 gg. Filtrare e imbottigliare (meglio usare una bottiglia di colore scuro e tenere il liquore al riparo dalla luce e fonti di calore  Ottimo per facilitare la digestione oltre ad essere un ottimo cardiotonico.

Manuela Regaglia



martedì 8 aprile 2014

Notizie sconcertanti

In Paraguay, circa un anno fa, sono stati reclutati ragazzini tra gli 8 e i 13 anni per ripulire i quartieri più poveri del comune di Neuland dai cani randagi.

L’incarico era stato dato ai ragazzini proprio dal capo della Polizia Municipale; i cani sono stati picchiati brutalmente con tubi di ferro e bastoni sino all’avvenuta morte e poi caricati su un camion.    Pare che questa pratica avvenga una volta all’anno per risolvere il problema del randagismo.

Sapete che in Albania, precisamente a Tirana, il consiglio municipale della città aveva deciso di dare incarico a dei cacciatori di sparare a vista ai cani randagi, che si aggiravano per le vie della città, dietro ricompensa di circa  €. 1,45 a capo?    

Grazie all’intervento degli animalisti si è potuto ritardare questa mattanza, ma chissà come andrà a finire?

Forse come in Ucraina, per i campionati di calcio… migliaia e migliaia di cani uccisi nei modi più barbari… “ripulire le città per renderle sicure” questa è la motivazione addotta.

Bastava la sterilizzazione… ovviamente fatta per tempo… ma non possiamo gridare e puntare il dito verso questa nazione… anche noi non siamo messi bene…

Al sud ci sono miglia di cani abbandonati e  da questi, randagi a pieno titolo, sono nati altri infelici, che trascorrono la loro vita mendicando un tozzo di pane, si battono per l'accoppiamento, soffrono la sete e vengono devastati da malattie quali la Leishmaniosi che è causata dal parassita Leishmania Infantum trasmesso dalla puntura dei pappataci, in Italia attivi nei mesi da maggio a Ottobre.

Da un decennio a questa parte sono stati registrati nuovi focolai in zone che prima erano esenti. Per mezzo delle variazioni climatiche e degli spostamenti di capi infetti, le aree interessate da questa malattia si sono espanse, raggiungendo anche il Nord Italia.

La Leishmaniosi è cronica e i danni provocati al cane sono progressivi e serissimi. Questa malattia è una zoonosi quindi trasmissibile anche all'uomo.

Si consiglia di provvedere ad un controllo sui cani che vivono in zone dove questa malattia è più presente (centro e sud d'Italia); basta un unico prelievo di sangue e il risultato è pronto in una decina di minuti.

Sintomi: 

• Abbattimento
• Sanguinamento dal naso
• Gonfiore ed estremo dolore alle articolazioni
• Diminuzione dell’appetito
• Dimagrimento
• Alterazione del pelo
• Alterazioni a carico dell’occhio
• Crescita anomala delle unghie

Altra pericolosissima malattia è l'Ehrlichiosi che è una malattia trasmessa dalle zecche comuni ai nostri amici pelosi. Le zecche si nutrono di sangue e infettano l'animale con un batterio chiamato Ehrlichia canis, che attacca i globuli rossi fino a causare un'alterazione del loro funzionamento causando una minore produzione delle piastrine.

Le fasi dell'evoluzione sono molto rapide e questa malattia passa dalla forma acuta a quella cronica sino a divenire letale nel giro di pochissimi giorni.

La zecca funge da serbatoio della malattia: pungendo un cane infetto e successivamente pungendone uno sano lo contagia.

Sintomi:

 • Febbre alta
 • Abbattimento e letargia
 • Inappetenza
 • Sanguinamento dal naso
 • Gonfiore e dolore alle articolazioni
 • Ematomi
 • Anemia

Tengo a sottolineare che sono importantissimi i trattamenti antiparassitari per evitare ai nostri amici di essere infettati.

Torniamo a parlare di quelle pratiche che noi vediamo come orripilanti, spostiamoci in Cina. 

 In Cina abbiamo di tutto e di più… cani e gatti scuoiati vivi per utilizzare le loro pellicce o ancora cani arrostiti vivi, leccornie per veri intenditori (ovviamente questo è il loro pensiero).  Ci sono le fattorie della bile, dove poveri orsi vengono detenuti in gabbie per tutta la durata della loro vita.  Vi starete chiedendo a quale scopo… chi ha letto “Tienimi la Zampa”, il primo libro di questa serie, ricorderà sicuramente la descrizione dei procedimenti dell’estrazione della bile dagli orsi della luna detenuti nelle fattorie della bile e le conseguenze sia per la vita gli orsi che per la salute umana (per i consumatori di questo “elisir”).

L'opera di Animals Asia Foundation e della sua fondatrice Jill Robinson è narrata in sintesi, il lavoro di questa Associazione è stato ed è efficace nel far chiudere le fattorie della bile, nel riabilitare i poveri orsi e cambiare il modo di pensare di questo popolo.
Voglio sottolineare che alcune pratiche che noi troviamo indegne e che ci fanno rabbrividire sono per loro tradizioni secolari… non è facile cambiare gli usi e i costumi di un popolo, poichè sono tradizioni ormai radicate e consolidate.
Bisogna agire con cautela, non è giusto stupirci di queste pratiche che noi consideriamo orripilanti quando noi facciamo la stessa cosa a polli, conigli, maiali, tonni ecc. 
Non si possono fare distinzioni tra animale e animale. Chissà cosa pensano gli abitanti dell’India apprendendo che noi mangiamo carne di vacche e vitelli…, per loro sono sacre e noi siamo mostri sanguinari ai loro occhi…  
Chi non ha peccato scagli la prima pietra…

Leggendo "Tienimi la zampa" verrete condotti a molte riflessioni. Io non giudico, non voglio imporvi nessuno stile di vita, ma mi sento di raccomandarvi di adottarne uno rispettoso della Natura e dei suoi esseri in toto.  
Manuela Regaglia

questa settimana coccoliamoci con un dolce semplice ma gustoso e soprattutto totalmente cruelty free!




Torta alla crema mix

Ingredienti:

- 350 grammi di farina ( nel mio caso un mix fatto da farina tipo2 per poco più della metà e
  farina di farro, ma le proporzioni non sono obbligate)
- mezzo bicchiere d'olio (circa)
- un bicchiere e mezzo di latte vegetale  ( io ho usato quello al farro ma anche qui sta al vostro gusto)
- un pizzico di vaniglia
- zucchero di canna o fruttosio, a voi la scelta , per la quantità regolatevi in base a quanto volete dolce la    torta
- purea di fragole  ( la mia è tipo un succo di frutta quindi zuccherato acquistata dal mio contadino )
- un vasetto di composta di mirtilli
- un cucchiaio di farina  di carruba ( quella che sostituisce il cacao per intenderci)
- mezzo cucchiaio di farina di semi di carruba ( per addensare)
- qualche fragola

Preriscaldare il forno a 175°

Preparazione:

Comincio con il preparare la crema. Taglio a fette le fragole e le ripasso in padella con poco zucchero per ammorbidirle.  Preparo un budino mescolando 100 ml di latte vegetale con poco zucchero, l'acqua persa dalle fragole, un cucchiaio di farina di carruba e mezzo cucchiaio di farina di semi di carruba (va bene anche amido di mais) togliendo per bene tutti i grumi e porto il tutto a bollore per pochi minuti mescolando sempre. Il budino deve essere abbastanza compatto per rendere la crema non troppo liquida, per finire unisco insieme budino, fragole e il vasetto di composta di mirtilli. 
Poi mi dedico alla torta frullando per prima cosa olio,  latte vegetale e zucchero o fruttosio fino a emulsionare il tutto e a questo punto aggiungo la farina mescolata con il lievito alternandola alla purea di fragole fino a ottenere una consistenza abbastanza soda ma comunque non come una frolla. Preparo oliata e infarinata una tortiera e metto alcune cucchiaiate di composto  (circa la metà) aiutandomi con le dita infarinate a stenderlo ricordandomi di creare anche un piccolo bordo. Verso la crema e con il resto del composto formo delle striscie abbastanza larghe per coprire quasi completamente la torta. 
Inforno mezzora a 175 gradi.


La storia di Willy

Questa e' la storia di Willy, fu con appello per lui, su Facebook, che conobbi Annamaria Nizzola e Un Atto d'Amore Onlus, che mi aiutarono tanto.

Willy e i suoi perché 

Per e in memoria del mio piccolo grande tesoro trovato un giorno d'inverno... perso in primavera. 
27 gennaio 2012 alle ore 16.07 
Una notte d’inverno, mentre tutti dormivano, ho sentito una vocina che chiamava “mamma, mammaaa" e le micro zampine accarezzavano ripetutamente il bordo del cuscino che sporgeva. Tesi una mano su quella testolina arruffata e insonnolita chiesi: “Willy che c’è?” 
“Mamma, posso chiamarti così vero? perché io sono qui ?“
"Perché sei stato trovato da me"  
"Ah!... ma mamma io ricordo che avevo una casa, un papà... poi tanto vento freddo, pioggia...ricordo che correvo, ero confuso non so chi mi ha legato ad un palo, mamma sai ...forse papà mi sta cercando... poverino come farà senza di me?"
" Willy, tesoro, è notte... dormi, domani poi ne parliamo, tranquillo... il tuo papà starà dormendo anche lui".
Willy con un sospiro si accucciò sul suo cuscino e si addormentò. La notte successiva Willy mi chiamò nuovamente
"Mamma, mi disse, sai, io ti ho sentita parlare con delle signore… ma mi spieghi perché mi chiamano vecchio? Perché mi dicono “poverino”? Mamma ricordo che anni fa tutti mi dicevano amorino, cucciolino , tesorino…  perché mamma? Cosa ho che non va?" 
"Nulla amore mio ,la gente ha solo paura … paura di me mamma? Ahahaha... allora sono forte, ma non mordo però!"  ;) 
"No, hanno paura di ciò che tu rappresenti" 
"Perché cosa rappresento?"
"La mezza età: gli umani la temono per loro, la temono per i loro genitori..."
"Mamma… tu non preoccuparti ! per me non sarai mai vecchia, mamma stai tranquilla anche se non dovessi stare bene ci sono io accanto a te e poi mamma anche con i capelli grigi e le rughe sei la più bella del mondo".
"Willy non si parlava di me".
"Ah, scusa mamma e allora di chi?"
"Ehm... lasciamo perdere... poi se proprio insisti ti basti sapere, Willy, che anche i pelosetti come le persone, prima o poi volano sul ponte". 
"Mamma che dici!? I cani non volano e neanche i gatti, i cavalli e nemmeno le persone... se non con l’aereo".
"he he... ecco, vedi, sai tante cose".
"Si è vero ho imparato tanto nella vita e adesso so quasi tutto!"
"Willy basta!... è tardi torna a dormire".
"Ok ok... torno a dormire… Chop vieni a farmi compagnia?"
"Ronf fruuuuu..."
Passarono i giorni, una notte di vento Willy, piangendo, mi chiamò: "Mamma, mamma…"
"Che c’è Willy?"
"Sai, mamma, ho capito... lo vedo che metti nella pappa una medicina, sono malato?"
"Sciocchino, il tuo cuoricino ha solo battuto tanto ed ha bisogno di un pizzico di carburante per non perdere colpi!"
"Ma il mio occhio non ci vede più bene come un tempo..."
"Succede... anch’io per leggere devo mettere gli occhiali!"
"Mamma allora mi comprerai gli occhiali?"
"Ma tu non hai bisogno di leggere..."
"Allora mamma non sto morendo?"
"Ma da dove ti vengono questi pensieri?!"
"Oggi quel signore ha detto che non si vorrebbe affezionare ad un cane che dopo poco gli potrebbe morire". 
"Tranquillo tesoro, quel signore non sa nulla della vita e chissà se un giorno qualcuno avrà la voglia di tenergli la mano nel momento in cui dovrà partire, anzi, penso proprio che rimarrà da solo".
"Poverino!... mamma,sai, hai ragione però! Sai, adesso che ci penso bene mi fa anche un po' pena quel signore... mamma, ma se un giorno io dovessi partire?...
"Zitto e a cuccia!"
"Vabbbene, torno a nanna…però...!?"
"Però ora dormi, che svegli tutti!

Valeria Giacopelli