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martedì 11 marzo 2014

"Un libro in onore della Natura... dedicato ai bambini, ragazzi, genitori, nonni... e a mio padre"

"TIENIMI LA ZAMPA"
di Manuela Regaglia

INTRODUZIONE

Quante volte vi hanno rivolto la fatidica domanda: «Da grande, cosa ti piacerebbe fare?».
Scommetto che molti di voi si sono prodigati in svariate elencazioni di professioni, che includono il dottore, la hostess, il pilota, il calciatore, la maestra e via dicendo; beh… io non ne avevo la più pallida idea! Trovavo tutto molto interessante, ma nulla mi affascinava al punto d’immaginarlo come professione, sino a quando ebbi la possibilità di stare a contatto con la Natura. Da bambina trascorrevo le vacanze a casa dei miei nonni materni, ero libera di rincorrere le farfalle, visitare il mio amico coniglietto, sedermi sui muretti, che cingevano il frutteto. Le mie giornate trascorrevano tra una capatina nell’orto e un’arrampicata sugli alberi, a cogliere frutti. Incontravo molte specie d’insetti, da sempre gioia e disperazione del genere umano. Cercavo in ogni angolo del giardino un insetto o piccoli animali da salvare, dopo un acquazzone, era facile trovare qualche ape in difficoltà, per dirla tutta, non ero molto imparziale, prediligevo le api alle vespe, le coccinelle alle mosche, le farfalle e le libellule alle zanzare: ero una bimba di cinque anni e non un’ento-mologa… Data la mia passione, mi venne regalato un microscopio con i classici vetrini già pronti ed una serie vergine che tentai subito di distruggere con prove del tipo: vediamo com’è la “coccoina” (ve la ricordate quella colla in vasetti di alluminio con un piccolo vano per riporre il pennellino e dal tipico profumo di mandorle amare, che a scuola ti facevano usare per il collage?). Oggi, purtroppo, è più facile sentir parlare di “cocaina” e gli esperimenti li fanno quei “soggetti” che la vendono ai ragazzi.
Ricordo il mio libro di scienze di prima e di seconda media dove si poteva apprendere di tutto e di più sulla vita dei mammiferi, in special modo sugli animali da cortile e poi mucche, cavalli, cani, gatti sino ai principali invertebrati. Li ho tenuti gelosamente conservati nella libreria. Di tanto in tanto, confesso, vado a sfogliare quelle pagine per me tanto preziose.
Nostalgia di un tempo che fu? 
Può darsi, ma sono lieta di averlo vissuto.
Un tempo nel quale papà e mamma avevano ancora voglia di andare a fare una passeggiata nei boschi con i loro figlioli. A tavola, papà ascoltava il resoconto di una giornata trascorsa a scuola e di tanto in tanto chiedeva quante zampe avesse una mosca o quanto fosse alto il Monte Bianco. Che gioia, quando, da ragazzina, andavo nel bosco con mio padre, per cercare funghi o fiori per l’erbario. A volte, purtroppo ci imbattevamo in trappole, i famigerati “archetti” usati per catturare inermi uccellini, o nei lacci nei quali rimanevano impigliati i conigli selvatici.
Con circospezione ci guardavamo attorno e furtivamente strappavamo l’archetto e scioglievamo il laccio. L’allegria tornava e anche se la passeggiata si concludeva con il paniere dei funghi vuoto… pazienza, restava il ricordo di ore liete trascorse in mezzo alla Natura.

La prima interazione con un animale fu con un cane “bonsai”, un Pinscher di taglia nana a pelo corto, di colore rosso, come il manto di un cervo. Abitavamo a Milano in un appartamento al settimo piano; dovevo accontentarmi, avevo sette anni e i miei genitori cominciarono a mettermi alla prova. Crescendo le mie esperienze si fecero più complete, gli animaletti, più o meno grandi, aumentavano e non c’erano limiti alle mie richieste, volevo un cavallo, subissavo i miei genitori perché ne acquistassero uno, oppure in alternativa che mi conducessero in un maneggio per cavalcare. Loro, non dissero subito un “no” deciso, avevano compreso che avrebbero ottenuto l’effetto contrario, mi promisero piuttosto che avremmo fatto visita a un amico di famiglia che aveva alcuni cavalli. Finalmente arrivò il fatidico giorno, papà mi portò da amici, che possedevano un magnifico cavallo, imponente e regale, che mi squadrò con quello sguardo proprio dell’equino, l’occhio un po’ fuori dalle orbite. Certo io ero piccola d’età e di statura, ma non fu amore a prima vista e chiesi di vedere il pony, mi avrebbe fatto meno impressione? La statura poteva anche andare, ma non corrispondeva ai canoni di bellezza che avevo in mente per il mio destriero; tornammo a casa e l’argomento “cavallo” venne archiviato. Mi chiedo, come avrei reagito, se i miei genitori mi avessero detto un “no” secco, senza darmi la possibilità di affrontare il problema, ragionarci e constatare personalmente per una verifica.




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