"TIENIMI LA ZAMPA"
di Manuela Regaglia
INTRODUZIONE
Quante volte vi hanno
rivolto la fatidica domanda: «Da grande, cosa ti piacerebbe fare?».
Scommetto che molti di
voi si sono prodigati in svariate elencazioni di professioni, che
includono il dottore, la hostess, il pilota, il calciatore, la
maestra e via dicendo; beh… io non ne avevo la più pallida idea!
Trovavo tutto molto interessante, ma nulla mi affascinava al punto
d’immaginarlo come professione, sino a quando ebbi la possibilità
di stare a contatto con la Natura. Da bambina trascorrevo le vacanze
a casa dei miei nonni materni, ero libera di rincorrere le farfalle,
visitare il mio amico coniglietto, sedermi sui muretti, che
cingevano il frutteto. Le mie giornate trascorrevano tra una capatina
nell’orto e un’arrampicata sugli alberi, a cogliere frutti.
Incontravo molte specie d’insetti, da sempre gioia e disperazione
del genere umano. Cercavo in ogni angolo del giardino un insetto o
piccoli animali da salvare, dopo un acquazzone, era facile trovare
qualche ape in difficoltà, per dirla tutta, non ero molto
imparziale, prediligevo le api alle vespe, le coccinelle alle mosche,
le farfalle e le libellule alle zanzare: ero una bimba di cinque anni
e non un’ento-mologa… Data la mia passione, mi venne regalato un
microscopio con i classici vetrini già pronti ed una serie vergine
che tentai subito di distruggere con prove del tipo: vediamo com’è
la “coccoina” (ve la ricordate quella colla in vasetti di
alluminio con un piccolo vano per riporre il pennellino e dal tipico
profumo di mandorle amare, che a scuola ti facevano usare per il
collage?). Oggi, purtroppo, è più facile sentir parlare di
“cocaina” e gli esperimenti li fanno quei “soggetti” che la
vendono ai ragazzi.
Ricordo il mio libro di
scienze di prima e di seconda media dove si poteva apprendere di
tutto e di più sulla vita dei mammiferi, in special modo sugli
animali da cortile e poi mucche, cavalli, cani, gatti sino ai
principali invertebrati. Li ho tenuti gelosamente conservati nella
libreria. Di tanto in tanto, confesso, vado a sfogliare quelle pagine
per me tanto preziose.
Nostalgia di un tempo che
fu?
Può darsi, ma sono lieta
di averlo vissuto.
Un tempo nel quale papà
e mamma avevano ancora voglia di andare a fare una passeggiata nei
boschi con i loro figlioli. A tavola, papà ascoltava il resoconto di
una giornata trascorsa a scuola e di tanto in tanto chiedeva quante
zampe avesse una mosca o quanto fosse alto il Monte Bianco. Che
gioia, quando, da ragazzina, andavo nel bosco con mio padre, per
cercare funghi o fiori per l’erbario. A volte, purtroppo ci
imbattevamo in trappole, i famigerati “archetti” usati per
catturare inermi uccellini, o nei lacci nei quali rimanevano
impigliati i conigli selvatici.
Con circospezione ci
guardavamo attorno e furtivamente strappavamo l’archetto e
scioglievamo il laccio. L’allegria tornava e anche se la
passeggiata si concludeva con il paniere dei funghi vuoto…
pazienza, restava il ricordo di ore liete trascorse in mezzo alla
Natura.
La prima interazione con
un animale fu con un cane “bonsai”, un Pinscher di taglia nana a
pelo corto, di colore rosso, come il manto di un cervo. Abitavamo a
Milano in un appartamento al settimo piano; dovevo accontentarmi,
avevo sette anni e i miei genitori cominciarono a mettermi alla
prova. Crescendo le mie esperienze si fecero più complete, gli
animaletti, più o meno grandi, aumentavano e non c’erano limiti
alle mie richieste, volevo un cavallo, subissavo i miei genitori
perché ne acquistassero uno, oppure in alternativa che mi
conducessero in un maneggio per cavalcare. Loro, non dissero subito
un “no” deciso, avevano compreso che avrebbero ottenuto l’effetto
contrario, mi promisero piuttosto che avremmo fatto visita a un amico
di famiglia che aveva alcuni cavalli. Finalmente arrivò il fatidico
giorno, papà mi portò da amici, che possedevano un magnifico
cavallo, imponente e regale, che mi squadrò con quello sguardo
proprio dell’equino, l’occhio un po’ fuori dalle orbite. Certo
io ero piccola d’età e di statura, ma non fu amore a prima vista e
chiesi di vedere il pony, mi avrebbe fatto meno impressione? La
statura poteva anche andare, ma non corrispondeva ai canoni di
bellezza che avevo in mente per il mio destriero; tornammo a casa e
l’argomento “cavallo” venne archiviato. Mi chiedo, come avrei
reagito, se i miei genitori mi avessero detto un “no” secco,
senza darmi la possibilità di affrontare il problema, ragionarci e
constatare personalmente per una verifica.


